La legge 89/2001 ha introdotto in Italia la possibilità di pretendere dallo stato un risarcimento dei danni, nel caso in cui una causa penale, civile, contabile, amministrativa o di altra giurisdizione, duri più del tempo massimo che la legge prevede che tale causa possa durare.
L’intervento legislativo risponde all’esigenza di tutelare il diritto di ciascuno a vedere la sua causa esaminata e decisa entro un lasso di tempo ragionevole, corollario del principio del “giusto processo”, appositamente sancito dall’art. 111 della Costituzione e dall’art. 6 della CEDU.
La legge Pinto, infatti, ha introdotto nel nostro ordinamento un procedimento per il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, derivanti dall’irragionevole durata del processo.
Nel caso in cui vengano superati tali termini il danneggiato potrà presentare ricorso e ottenere un indennizzo che va dai 400 agli 800 euro per ciascun anno di ritardo.
Il ricorso per l’equa riparazione può essere promosso in relazione a qualsiasi tipo di processo (civile, lavoro, penale, amministrativo) entro sei mesi dal passaggio in giudicato del provvedimento che conclude il giudizio di cui si lamenta l’eccessiva durata o in corso di causa.
Se, ad esempio, nel 2015 hai presentato un ricorso al T.A.R. e ad oggi il giudizio che ne è scaturito è ancora pendente, in ragione del ritardo, potrai presentare ricorso per ottenere un indennizzo.
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