domenica 16 gennaio 2022

LA CLAUSOLA DI NON TRASFERIBILITÀ SULL’ASSEGNO: SANZIONI SPROPORZIONATE



Il legislatore fin dal 2007 ha previsto che gli assegni rilasciati da banche e da Poste Italiane S.p.a. debbano essere già muniti della clausola di non trasferibilità (art. 49 co. 4 d.lgs. 231/07) e che solo su espressa richiesta del cliente, dietro pagamento di un’imposta di bollo, possano essere forniti carnet di assegni “in forma libera”. Chiunque invece possegga libretti di assegni antecedenti al 2008, avrà l’onere di indicare per iscritto, all’atto di emissione dell’assegno, la dicitura “non trasferibile” ed il nominativo del beneficiario.
Nello specifico dal 2017 per il trasferimento di assegni privi della clausola di non trasferibilità e/o dell’indicazione del beneficiario, è stabilita una sanzione amministrativa di importo compreso tra i 3.000 e i 50.000 euro.
La ragione della norma è chiara: la mancata apposizione del nome del beneficiario o della clausola di non trasferibilità non assicurano la piena tracciabilità della transazione, con il conseguente sospetto che la stessa sia stata disposta per finalità di riciclaggio di denaro.
Quindi, nel caso di emissione di assegno privo della clausola di non trasferibilità la banca, presso la quale è stato versato l’assegno, è obbligata a segnalare l’operazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze che, a sua volta, provvede a inviare una formale contestazione dell’infrazione al responsabile.
A questo punto, per colui che riceve la contestazione, si aprono due strade: il pagamento dell’oblazione, con conseguente immediata chiusura del procedimento, o l’inizio di un procedimento amministrativo, che si concluderà con l’emissione di un decreto da parte del MEF.
I casi di cui ci siamo occupati hanno evidenziato che nella maggioranza delle ipotesi, più che di tentativi di riciclare denaro si tratta di mere disattenzioni commesse in buona fede da cittadini ancora in possesso di assegni emessi in epoca antecedente al 2008.
Per questo motivo sono sempre più i casi di ricorso inoltrati dalla nostra associazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze per richiedere l’archiviazione del procedimento sanzionatorio o, in via alternativa, l’applicazione della sanzione amministrativa nei minimi di legge.