domenica 30 gennaio 2022

Stop al telemarketing sul cellulare


Il 2022 ha portato importanti novità in materia di telefonia. Siete quotidianamente (o quasi) oggetto di telefonate pubblicitarie indesiderate? Ci sono buone notizie: il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo regolamento del Registro Pubblico delle Opposizioni (Rpo), che semplifica le procedure per revocare i consensi alle chiamate promozionali e all'invio di materiale pubblicitario indesiderato. 

Una delle novità più rilevanti riguarda l'estensione dell'applicazione anche ai cellulari oltre che ai numeri di telefono fissi e alla posta cartacea.

La nota ufficiale ricorda che l'Rpo è un servizio pubblico gratuito che consente ai cittadini che si iscrivono di non essere più contattati dagli operatori di telemarketing, a meno che questi non abbiano ricevuto un esplicito consenso all'utilizzo dei dati dopo la data di iscrizione o nell'ambito di un contratto in vigore o cessato da non oltre 30 giorni.

In realtà, la riforma va a migliorare qualcosa che già esisteva, perché il Registro delle opposizioni era stato istituito una decina di anni fa con i medesimi intenti e da allora è stato gestito dalla Fondazione Ugo Bordoni, tra i principali istituti di ricerca italiani nell'ambito delle telecomunicazioni. Finora però è stato riservato solo ai numeri di telefonia fissa già presenti negli elenchi telefonici, il che lo ha reso obsoleto rispetto alle esigenze odierne. 

Le principali novità per gli utenti introdotte dal nuovo regolamento comprendono:

  • possibilità di inserire nel registro delle opposizioni anche i numeri di cellulari;
  • possibilità di opporsi alla ricezione delle chiamate indesiderate effettuate tramite sistemi automatizzati;
  • iscrizione all'Rpo comporta la revoca dei precedenti consensi per fini commerciali espressi dagli utenti;
  • iscrizione d'ufficio all'Rpo dei numeri che non compaiono nell'elenco telefonico.

La concreta attuazione delle nuove misure avverrà entro 120 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e comunque non oltre il termine massimo del 31 luglio 2022. Nel frattempo, è il caso di ripassare come si fa a registrare il proprio numero, in attesa dell'effettiva disponibilità dell'aggiornamento che permetterà di inserire anche i cellulari:

domenica 23 gennaio 2022

SMS sul pacco da ritirare: attenti alla truffa

“Il tuo pacco è stato trattenuto presso il nostro centro di spedizione. Si prega di seguire le istruzioni qui” è il messaggio che moltissimi italiani stanno ricevendo sul cellulare. Nessun’altra indicazione, ma solamente l’invito a cliccare su un link per ottenere ulteriori informazioni e “sbloccare” il pacco. Questo nuovo sistema di truffa fa leva sull’esponenziale aumento di acquisti online e sulla circostanza che molti cittadini attendono (magari con ansia) l’arrivo di un prodotto acquistato su internet.


Con il link all’interno dell'sms i truffatori cercano di rubare dati personali e bancari con la richiesta di una cifra di denaro (modica! Quasi sempre 2€) e l’inserimento dei propri dati per “sbloccare” il pacco in questione. Questo tipo di truffa è noto col nome di “smishing”. 


L’obiettivo di questi truffatori è raccogliere dati riservati, ottenere denaro illegalmente e, a volte, rubare l’identità: cliccando sul link si aprirà infatti una pagina molto simile a quelle autentiche (generalmente siti di corrieri), che inviterà ad inserire i propri dati. 


La gente generalmente tende a fidarsi più dei messaggi ricevuti sul telefono piuttosto che di quelli che arrivano via email, ma questi attacchi possono essere altrettanto pericolosi. 

Come difendersi allora? Se si riceve un messaggio che sembra provenire dalla propria banca, da un commerciante o da un corriere e viene chiesto di cliccare qualcosa, è senza dubbio una truffa. Se si hanno dubbi potete sempre contattare il nostro ufficio. 


Ma regola generale: mai cliccare su un link o un numero di telefono presenti in un messaggio di cui non si è sicuri


domenica 16 gennaio 2022

LA CLAUSOLA DI NON TRASFERIBILITÀ SULL’ASSEGNO: SANZIONI SPROPORZIONATE



Il legislatore fin dal 2007 ha previsto che gli assegni rilasciati da banche e da Poste Italiane S.p.a. debbano essere già muniti della clausola di non trasferibilità (art. 49 co. 4 d.lgs. 231/07) e che solo su espressa richiesta del cliente, dietro pagamento di un’imposta di bollo, possano essere forniti carnet di assegni “in forma libera”. Chiunque invece possegga libretti di assegni antecedenti al 2008, avrà l’onere di indicare per iscritto, all’atto di emissione dell’assegno, la dicitura “non trasferibile” ed il nominativo del beneficiario.
Nello specifico dal 2017 per il trasferimento di assegni privi della clausola di non trasferibilità e/o dell’indicazione del beneficiario, è stabilita una sanzione amministrativa di importo compreso tra i 3.000 e i 50.000 euro.
La ragione della norma è chiara: la mancata apposizione del nome del beneficiario o della clausola di non trasferibilità non assicurano la piena tracciabilità della transazione, con il conseguente sospetto che la stessa sia stata disposta per finalità di riciclaggio di denaro.
Quindi, nel caso di emissione di assegno privo della clausola di non trasferibilità la banca, presso la quale è stato versato l’assegno, è obbligata a segnalare l’operazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze che, a sua volta, provvede a inviare una formale contestazione dell’infrazione al responsabile.
A questo punto, per colui che riceve la contestazione, si aprono due strade: il pagamento dell’oblazione, con conseguente immediata chiusura del procedimento, o l’inizio di un procedimento amministrativo, che si concluderà con l’emissione di un decreto da parte del MEF.
I casi di cui ci siamo occupati hanno evidenziato che nella maggioranza delle ipotesi, più che di tentativi di riciclare denaro si tratta di mere disattenzioni commesse in buona fede da cittadini ancora in possesso di assegni emessi in epoca antecedente al 2008.
Per questo motivo sono sempre più i casi di ricorso inoltrati dalla nostra associazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze per richiedere l’archiviazione del procedimento sanzionatorio o, in via alternativa, l’applicazione della sanzione amministrativa nei minimi di legge.