domenica 10 aprile 2022

Ricorso per la ricostruzione della carriera di Docenti e Ata


Molti Docenti e ATA di tutte le scuole italiane, senza neanche rendersene conto, stanno perdendo anni di servizio utili ai fini dell’inquadramento nel corretto scaglione stipendiale, nonché ai fini del computo della propria anzianità di servizio, il che si traduce in un minore stipendio per il presente ed una pensione inferiore per il futuro.

Il Miur, infatti, a seguito della domanda di ricostruzione della carriera presentata dai lavoratori della scuola immessi in ruolo dopo il superamento dell’anno di prova, riconosce:

  • integralmente il servizio pre-ruolo prestato nei primi 4 anni;
  • parzialmente la restante parte del servizio pre-ruolo prestato. 

 

Per le scuole statali il servizio pre-ruolo prestato dal 5° anno in poi, infatti, viene riconosciuto soltanto nella misura dei 2/3 ai fini giuridici ed 1/3 ai fini economici.

Per le scuole paritarie il servizio pre-ruolo prestato, addirittura, viene negato del tutto.

Così operando il Ministero dell’Istruzione viola il principio di non discriminazione tra personale di ruolo e personale precario, stabilito a livello europeo dalla direttiva 1999/70/CE e riconosciuto a livello nazionale da tutti i Giudici Italiani.

Ai Docenti e agli Ata che un tempo erano precari, infatti, deve essere riconosciuto integralmente il servizio pre-ruolo prestato prima dell’intervenuta assunzione a tempo indeterminato.

Presentare ricorso al Tribunale del Lavoro territorialmente competente permetterebbe di ottenere indubbi vantaggi:

  • differenze retributive;
  • differenze contributive ai fini pensionistici;
  • progressioni stipendiali;
  • aumento del punteggio ai fini delle graduatorie interne di istituto e ai fini delle procedure di mobilità.

Possono aderire al ricorso tutti i Docenti e gli Ata immessi in ruolo:

  • che abbiano svolto almeno 5 anni (180 giorni per ciascun anno) di pre-ruolo prestato presso scuole statali;
  • che abbiano svolto almeno 180 giorni di servizio presso la scuola paritaria.

Il decreto di ricostruzione della carriera inoltre non deve risalire a più di 10 anni fa.

Rivolgiti a Codacons Andria per maggiori informazioni.

domenica 3 aprile 2022

Dopo quanto tempo viene staccato il gas?


Nel caso in cui il fornitore di gas naturale ravvisi il mancato pagamento di una o più bollette può richiedere direttamente al distributore il distacco della fornitura. Ovviamente, questa procedura non è né immediata nè vincolante. Il consumatore deve in ogni caso essere avvisato tramite raccomandata con ricevuta di ricezione (oppure tramite PEC) in modo da poter adempiere al mancato pagamento. Tale procedura definisce il concetto vero e proprio di costituzione in mora; dalla comunicazione decorrono 40 giorni di tempo per il cliente per effettuare il pagamento tramite bonifico o bollettino postale, decorsi i quali il fornitore può procedere all'effettiva comunicazione al distributore per il distacco. In concreto, scaduto il termine definito dalla costituzione in mora decorreranno ulteriori 3 giorni in favore del consumatore per effettuare il pagamento.

 

Naturalmente ci sono delle tutele per il consumatore.

La normativa è piuttosto chiara sia sui doveri che sui diritti del consumatore quando si tratta di mancati pagamenti riferiti alle utenze domestiche come il gas. In particolare, vi è l'obbligo, da parte del fornitore, di comunicare il mancato pagamento e la costituzione in mora prima di richiedere il distacco al distributore di zona. Nel caso in cui l'azienda che fornisce il servizio non ottemperi a tale obbligo di notifica, il cliente ha diritto ad un indennizzo che varia a seconda dei casi. Se si riscontra la mancata comunicazione di costituzione in mora nonostante l'effettivo distacco si ha diritto sulla fattura successiva ad un indennizzo pari a 30 euro. Se invece una volta avvenuta la comunicazione l'azienda non dovesse rispettare le tempistiche a disposizione per il pagamento procedendo comunque al distacco, la somma spettante sarà di 20 euro.

È importante precisare che la sospensione della fornitura di gas, successiva alla costituzione in mora, non implica in automatico la cessazione del contratto. Infatti, in assenza del servizio per inadempienze economiche il contratto resta in vigore per ulteriori 30 giorni. In questo lasso di tempo il cliente avrà la possibilità di pagare la somma in questione e potrà fare richiesta per ricevere nuovamente il gas presso la propria residenza. Decorsa questa scadenza il contratto diventa nullo imponendo al consumatore la stipula di un nuovo contratto con un altro fornitore.


 

domenica 13 marzo 2022

Legge Pinto: il diritto al risarcimento per irragionevole durata del processo

La legge 89/2001 ha introdotto in Italia la possibilità di pretendere dallo stato un risarcimento dei danni, nel caso in cui una causa penale, civile, contabile, amministrativa o di altra giurisdizione, duri più del tempo massimo che la legge prevede che tale causa possa durare.

 

L’intervento legislativo risponde all’esigenza di tutelare il diritto di ciascuno a vedere la sua causa esaminata e decisa entro un lasso di tempo ragionevole, corollario del principio del “giusto processo”, appositamente sancito dall’art. 111 della Costituzione e dall’art. 6 della CEDU.

 

La legge Pinto, infatti, ha introdotto nel nostro ordinamento un procedimento per il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, derivanti dall’irragionevole durata del processo.

Nel caso in cui vengano superati tali termini il danneggiato potrà presentare ricorso e ottenere un indennizzo che va dai 400 agli 800 euro per ciascun anno di ritardo.

Il ricorso per l’equa riparazione può essere promosso in relazione a qualsiasi tipo di processo (civile, lavoro, penale, amministrativo) entro sei mesi dal passaggio in giudicato del provvedimento che conclude il giudizio di cui si lamenta l’eccessiva durata o in corso di causa.

Se, ad esempio, nel 2015 hai presentato un ricorso al T.A.R. e ad oggi il giudizio che ne è scaturito è ancora pendente, in ragione del ritardo, potrai presentare ricorso per ottenere un indennizzo.

Contattaci per avere maggiori informazioni.

 

 

 

domenica 6 marzo 2022

Bollette luce e gas a rate, facciamo chiarezza


 

Per le bollette emesse tra il 1° gennaio e il 30 aprile 2022 è ora possibile richiedere la rateizzazione. La novità, introdotta dall'ultima Legge di Bilancio, prevede la dilazione degli importi in 10 rate sia per gli utenti del mercato tutelato che di quello libero. Un aiuto concreto per i clienti in difficoltà.


La possibilità di pagare a rate gli importi è prevista solo per le fatture non pagate emesse tra il 1° gennaio e il 30 aprile 2022. Alla rateizzazione sono ammessi soltanto i clienti morosi, vale a dire quelli che hanno fatto scadere il termine per il pagamento delle fatture; non è prevista la possibilità di accordarsi per dilazionare gli importi prima della scadenza della fattura. L'offerta di rateizzazione arriva infatti con il sollecito di pagamento o con la messa in mora del cliente, il fornitore precisa nella comunicazione termini e modalità di pagamento di quanto dovuto.


Il pagamento può essere dilazionato per un periodo non superiore a 10 mesi, con il vantaggio che all'importo non vengono applicati gli interessi. Il 50% dell'importo va comunque versato con la prima rata, mentre la restante metà va versata in rate successive di uguale valore. La periodicità dei pagamenti a questo punto segue quella della fatturazione, quindi se la fatturazione è bimestrale, anche la rata dovrà essere pagata ogni due mesi. Se l'importo da dilazionare è inferiore a 50 euro, infine, il numero delle rate può essere ridotto, ma devono essere almeno due. 


Nonostante le linee guida stabilite dall'Arera, la normativa prevede che gli operatori possano offrire ai propri clienti soluzioni più vantaggiose. Eni gas e luce, per esempio, ha recentemente firmato un accordo con le associazioni dei consumatori che prevede la possibilità di chiedere la dilazione fino a 18 rate mensili in base all'importo della fattura e senza aspettare la scadenza dei termini.


Al momento il provvedimento andrà avanti fino al 30 aprile 2022, ma è probabile che entro questa data il Governo intervenga nuovamente per prorogarne i termini.

domenica 27 febbraio 2022

Cartelle esattoriali, nuova rateazione


Ottime notizie per i contribuenti che non sono riusciti a pagare le rate delle cartelle esattoriali. Questi avranno la possibilità di richiedere una nuova rateazione entro il 30 aprile 2022, grazie a un emendamento approvato in sede di conversione in legge del Decreto Milleproroghe.

Questa nuova possibilità si applica ai carichi i cui piani di dilazione erano decaduti prima delle sospensioni dovute alla pandemia (8 marzo 2020 o 21 febbraio 2020 per i contribuenti che in quel momento erano in Zona Rossa), per i quali i termini per la richiesta di un’ulteriore rateazione erano scaduti il 31 dicembre 2021, portando ora questa data al 30 aprile 2022.

Con la nuova dilazione sarà possibile richiedere fino a un massimo di ulteriori 72 rate (6 anni), senza necessità di saldare le rate scadute al momento della nuova richiesta. Le somme già versate restano quindi definitivamente acquisite.

Sarà dunque possibile fare richiesta per la nuova dilazione attraverso l’apposito servizio online messo a disposizione da Agenzia delle Entrate – Riscossione.

Si specifica che, in ogni caso, si attende il varo della legge di conversione del decreto Milleproroghe 2022 per la conferma definitiva della novità, e per l’avvio delle procedure operative da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione.

domenica 20 febbraio 2022

Rimborso per disservizio telefonico



I disservizi telefonici sono frequenti e seccanti, e quando capitano l’unica cosa che vorremmo è risolvere più in fretta possibile. Ma a volte i gestori ci mettono più tempo del previsto: almeno, in quei casi, si ha diritto a un rimborso.

Dal momento in cui si riscontra il malfunzionamento della linea, mobile, fissa o internet che sia, la prima cosa che va fatta è effettuare tempestivamente una segnalazione alla compagnia telefonica di riferimento.

Si può segnalare il disservizio in diversi modi:

  • telefonare al numero del Servizio Clienti;
  • usare l’AppMobile o il sito ufficiale, con le varie pagine di supporto o assistenza digitale;
  • inviare una mail ordinaria;
  • scrivere una PEC, una Raccomandata A/R o un Fax (modalità consigliate dato che hanno validità legale).

I disservizi più comuni tra le compagnie telefoniche sono:

  • interruzione della linea;
  • malfunzionamento della linea fissa;
  • problemi di connessione;
  • doppia fatturazione;
  • ritardo nella ricezione delle bollette;
  • ritardo nell’attivazione di una nuova SIM.

La problematica deve essere risolta entro e non oltre le 72 ore lavorative. 

Molte volte, però, il limite che si pongono le stesse compagnie telefoniche sulla Carta dei Servizi è ancora più breve: per esempio Fastweb si dà 48 ore per l’attivazione di una SIM, e se non rispetta i tempi concede ai suoi clienti un rimborso pari a 6€ per ogni giorno in più fino a un massimo di 10 giorni.

Per poter ottenere un rimborso, bisogna richiederlo avviando una procedura di reclamo.

Si deve tenere a mente che le compagnie dovranno rispondere entro 45 giorni, altrimenti si avrà diritto a un ulteriore rimborso per ogni giorno di ritardo.

domenica 13 febbraio 2022

Buoni fruttiferi postali prescritti: facciamo chiarezza

 

Il Buono fruttifero postale un tempo fruttava interessi elevati. Oggi i profitti si sono notevolmente ridotti a rendimenti annui che variano tra lo 0,25 e 0,75% – tranne per i buoni dedicati ai minori il cui rendimento arriva fino a 2,50% – ma comunque rimangono uno strumento che garantisce sicurezza e tutela dei risparmi. Il rimborso del capitale è, infatti, garantito così come gli interessi maturati fino alla scadenza o fino al momento in cui il titolare decide di disinvestire. Esiste un solo caso in cui si potrebbero perdere sia capitale che interessi: la prescrizione. Eppure una soluzione a questa eventuale problematica esiste.

Per prescrizione, in questo caso, si intende la possibilità, da parte del risparmiatore, di poter riscuotere il capitale e gli interessi in quanto trascorsi dieci anni dalla scadenza dei buoni stessi. Pertanto, una volta superato il termine ultimo di sottoscrizione del contratto, i Buoni non frutteranno più alcun interesse. In più, se passano dieci anni, capitale ed interessi non potranno più essere riscossi. Il titolare del prodotto, dunque, deve essere celere e non dimenticare la scadenza.

Il discorso – è bene precisarlo – non riguarda i Buoni fruttiferi postali dematerializzati in quanto Poste Italiane effettua l’accredito automatico una volta raggiunta la scadenza. 

Cosa fare se per un buono fruttifero postale cartaceo non è richiesto il rimborso in tempo? Esiste la possibilità di recuperare i risparmi? Al momento dell’acquisto del Buono Fruttifero, Poste Italiane dovrà fornire al sottoscrittore un Foglio Informatico Analitico completo delle condizioni contrattuali dove dovrà essere esplicitamente indicata la data di scadenza. Il Buono cartaceo, infatti, non contiene tale informazione che il cliente, invece, ha il diritto di conoscere. Di conseguenza, qualora il Foglio non sia stato consegnato contestualmente all’acquisto, il cliente ha il diritto di richiedere indietro il capitale versato e gli interessi anche trascorsi i dieci anni di prescrizione. 

Il percorso a sostegno della propria tesi potrebbe rivelarsi lungo e di non facile soluzione. Intanto si dovrà inviare un reclamo a Poste Italiane S.p.a. e trascorsi 60 giorni senza ricevere riscontro o a seguito di diniego, si dovrà citare Poste Italiane in giudizio o adire l’ABF. 

È bene sottolineare che diversi tribunali hanno decretato sentenze in favore dei titolari dei Buoni fruttiferi. Nulla è perduto, dunque, una soluzione alla prescrizione esiste.


domenica 6 febbraio 2022

Nuovo sms-truffa, anche l’Italia vittima del virus che svuota il conto corrente


Attenzione a un nuovo virus che prende di mira gli smartphone Android. Diffusissimo in tutta Europa e ora anche in Italia, questo virus è capace di svuotare i risparmi dalle app di home banking utilizzate dalle vittime. Il suo nome è Brata, ed era stato identificato già nel 2019 dagli esperti di sicurezza informatica di Kaspersky. Negli ultimi giorni il monitoraggio delle truffe informatiche ha registrato una significativa impennata della minaccia in tutta Europa, a causa di un aggiornamento del virus che lo renderebbe operativo anche al di fuori dal Brasile, paese di origine.

Come per altri virus simili, tutto parte da un messaggio sms di pishing (noto anche come 'smishing’) che finge di arrivare dal proprio istituto di credito. All'interno è contenuto un link che richiede di essere cliccato ed una volta cliccato, dirotta il malcapitato ad un sito che avvia in automatico l'app denominata 'Antispam' o 'Sicurezza dispositivo'.

L’utente accettando l'installazione dell'applicazione, viene reindirizzato ad una pagina web nella quale viene invitato ad inserire i codici personali per accedere al proprio home banking. A quel punto, il virus comincia a 'registrare' e sottrarre i fondi dei correntisti. Al termine dell'operazione, come ultima beffa, Brata resetta totalmente lo smartphone.

I consigli per non cadere in queste trappole finanziarie sono sempre gli stessi:

  • evitare di aprire link ricevuti via sms o chat (anche se apparentemente inviati dal proprio istituto di credito);
  • non installare applicazioni esterne al Play Store di Android (le app degli store ufficiali sono verificate e quelle potenzialmente dannose eliminate).


 

domenica 30 gennaio 2022

Stop al telemarketing sul cellulare


Il 2022 ha portato importanti novità in materia di telefonia. Siete quotidianamente (o quasi) oggetto di telefonate pubblicitarie indesiderate? Ci sono buone notizie: il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo regolamento del Registro Pubblico delle Opposizioni (Rpo), che semplifica le procedure per revocare i consensi alle chiamate promozionali e all'invio di materiale pubblicitario indesiderato. 

Una delle novità più rilevanti riguarda l'estensione dell'applicazione anche ai cellulari oltre che ai numeri di telefono fissi e alla posta cartacea.

La nota ufficiale ricorda che l'Rpo è un servizio pubblico gratuito che consente ai cittadini che si iscrivono di non essere più contattati dagli operatori di telemarketing, a meno che questi non abbiano ricevuto un esplicito consenso all'utilizzo dei dati dopo la data di iscrizione o nell'ambito di un contratto in vigore o cessato da non oltre 30 giorni.

In realtà, la riforma va a migliorare qualcosa che già esisteva, perché il Registro delle opposizioni era stato istituito una decina di anni fa con i medesimi intenti e da allora è stato gestito dalla Fondazione Ugo Bordoni, tra i principali istituti di ricerca italiani nell'ambito delle telecomunicazioni. Finora però è stato riservato solo ai numeri di telefonia fissa già presenti negli elenchi telefonici, il che lo ha reso obsoleto rispetto alle esigenze odierne. 

Le principali novità per gli utenti introdotte dal nuovo regolamento comprendono:

  • possibilità di inserire nel registro delle opposizioni anche i numeri di cellulari;
  • possibilità di opporsi alla ricezione delle chiamate indesiderate effettuate tramite sistemi automatizzati;
  • iscrizione all'Rpo comporta la revoca dei precedenti consensi per fini commerciali espressi dagli utenti;
  • iscrizione d'ufficio all'Rpo dei numeri che non compaiono nell'elenco telefonico.

La concreta attuazione delle nuove misure avverrà entro 120 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e comunque non oltre il termine massimo del 31 luglio 2022. Nel frattempo, è il caso di ripassare come si fa a registrare il proprio numero, in attesa dell'effettiva disponibilità dell'aggiornamento che permetterà di inserire anche i cellulari:

domenica 23 gennaio 2022

SMS sul pacco da ritirare: attenti alla truffa

“Il tuo pacco è stato trattenuto presso il nostro centro di spedizione. Si prega di seguire le istruzioni qui” è il messaggio che moltissimi italiani stanno ricevendo sul cellulare. Nessun’altra indicazione, ma solamente l’invito a cliccare su un link per ottenere ulteriori informazioni e “sbloccare” il pacco. Questo nuovo sistema di truffa fa leva sull’esponenziale aumento di acquisti online e sulla circostanza che molti cittadini attendono (magari con ansia) l’arrivo di un prodotto acquistato su internet.


Con il link all’interno dell'sms i truffatori cercano di rubare dati personali e bancari con la richiesta di una cifra di denaro (modica! Quasi sempre 2€) e l’inserimento dei propri dati per “sbloccare” il pacco in questione. Questo tipo di truffa è noto col nome di “smishing”. 


L’obiettivo di questi truffatori è raccogliere dati riservati, ottenere denaro illegalmente e, a volte, rubare l’identità: cliccando sul link si aprirà infatti una pagina molto simile a quelle autentiche (generalmente siti di corrieri), che inviterà ad inserire i propri dati. 


La gente generalmente tende a fidarsi più dei messaggi ricevuti sul telefono piuttosto che di quelli che arrivano via email, ma questi attacchi possono essere altrettanto pericolosi. 

Come difendersi allora? Se si riceve un messaggio che sembra provenire dalla propria banca, da un commerciante o da un corriere e viene chiesto di cliccare qualcosa, è senza dubbio una truffa. Se si hanno dubbi potete sempre contattare il nostro ufficio. 


Ma regola generale: mai cliccare su un link o un numero di telefono presenti in un messaggio di cui non si è sicuri


domenica 16 gennaio 2022

LA CLAUSOLA DI NON TRASFERIBILITÀ SULL’ASSEGNO: SANZIONI SPROPORZIONATE



Il legislatore fin dal 2007 ha previsto che gli assegni rilasciati da banche e da Poste Italiane S.p.a. debbano essere già muniti della clausola di non trasferibilità (art. 49 co. 4 d.lgs. 231/07) e che solo su espressa richiesta del cliente, dietro pagamento di un’imposta di bollo, possano essere forniti carnet di assegni “in forma libera”. Chiunque invece possegga libretti di assegni antecedenti al 2008, avrà l’onere di indicare per iscritto, all’atto di emissione dell’assegno, la dicitura “non trasferibile” ed il nominativo del beneficiario.
Nello specifico dal 2017 per il trasferimento di assegni privi della clausola di non trasferibilità e/o dell’indicazione del beneficiario, è stabilita una sanzione amministrativa di importo compreso tra i 3.000 e i 50.000 euro.
La ragione della norma è chiara: la mancata apposizione del nome del beneficiario o della clausola di non trasferibilità non assicurano la piena tracciabilità della transazione, con il conseguente sospetto che la stessa sia stata disposta per finalità di riciclaggio di denaro.
Quindi, nel caso di emissione di assegno privo della clausola di non trasferibilità la banca, presso la quale è stato versato l’assegno, è obbligata a segnalare l’operazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze che, a sua volta, provvede a inviare una formale contestazione dell’infrazione al responsabile.
A questo punto, per colui che riceve la contestazione, si aprono due strade: il pagamento dell’oblazione, con conseguente immediata chiusura del procedimento, o l’inizio di un procedimento amministrativo, che si concluderà con l’emissione di un decreto da parte del MEF.
I casi di cui ci siamo occupati hanno evidenziato che nella maggioranza delle ipotesi, più che di tentativi di riciclare denaro si tratta di mere disattenzioni commesse in buona fede da cittadini ancora in possesso di assegni emessi in epoca antecedente al 2008.
Per questo motivo sono sempre più i casi di ricorso inoltrati dalla nostra associazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze per richiedere l’archiviazione del procedimento sanzionatorio o, in via alternativa, l’applicazione della sanzione amministrativa nei minimi di legge.